Rischio teratogeno

  •  Le donne con epilessia presentano un rischio malformativo fetale modestamente superiore rispetto alla popolazione generale, con origine multifattoriale (genetica, + terapia antiepilettica)
  • Il rischio di malformazioni maggiori nelle donne che assumono un solo farmaco antiepilettico è del 4-6% (2-3% nella popolazione generale).   può arrivare fino al 10% nelle pazienti in politerapia
  • Il FAE a maggior rischio espositivo è il Valproato il cui effetto teratogeno sembrerebbe essere dose correlato. Tale rapporto è ipotizzato anche nel caso della Carbamazepina e della Lamotrigina
  • Le malformazioni si sviluppano entro le prime 8-10 settimane di gestazione, epoca in cui in genere la donna viene a conoscenza dell’avvenuto concepimento. Qualsiasi modifica terapeutica pertanto effettuata in tale epoca oltre ad essere potenzialmente pericolosa per la salute materna e fetale sarebbe anche inutile
  • La terapia antiepilettica dovrebbe pertanto essere ottimizzata prima del concepimento utilizzando il farmaco più efficace, in monoterapia se possibile, alla dose minima efficace
  • Frazionare la dose giornaliera   preferendo , laddove possibile, formulazioni retard.
  • E possibile valutare con anticipo rispetto al concepimento l’ipotesi di una sospensione graduale della terapia in donne che non abbiano avuto crisi da oltre due anni e la cui sindrome epilettica non sia ad elevato rischio di recidiva di crisi in caso di sospensione della terapia
  • E’ consigliabile prescrivere acido folico in tutte le donne in età fertile esposte al rischio di gravidanza al dosaggio di 4- 5 mg al di  nei  2- 3 mesi prima del concepimento e nei primi 3 mesi di gravidanza.
  • Nel cordone ombelicale di feti, le cui madri assumevano FAE induttori, è stata documentata la presenza di forme inattive di fattori della coagulazione vitamina K dipendenti. Il motivo di questo reperto non è stato chiarito, ma il rilievo in questi neonati di un’alta incidenza di sindrome emorragica neonatale e la normalizzazione dei fattori suddetti dopo somministrazione di vitamina K, ha giustificato la prassi di somministrare vitamina K alla fine della gravidanza. Esiste, comunque, un dibattito sulla reale necessità di questa misura, che potrebbe, potenzialmente, determinare l’incremento del rischio trombofilico materno.